La storia
Il complesso architettonico che, con la sua grande mole, domina il centro storico di Arsoli è costituito dal Castello Massimo, dalla chiesa del Santissimo Salvatore, dalla casa canonica e da un oratorio, tutti disposti intorno alla graziosa piazzetta del Santissimo Salvatore. Adiacente ad esso la villa Massimo che dai piedi del castello si estende estende su tutto il colle di Belmonte.
Atto di nascita di Arsoli può essere considerato il documento numero 13, il general privilegio di Papa Gregorio V del 28 giugno 997, pubblicato su Regesto sublacense del secolo XI.
Il paese assunse il nome dal colle sulle cui pendici si adagia l'abitato, MONS QUI VOCATUR SAXA SEU ARSULA, monte che si chiama sasso o arsula, rupe o roccia a strapiombo, definizione che si trova nel già citato Regesto.
L'abitato si sviluppò interno alla rocca così come possiamo osservarlo, ancor oggi, nel nucleo medievale: una fila di case, con un corpo avanzato, la guardiola, in funzione di mura, con due strade interne, parallele ad essa, le attuali vie del Forno e della Piazzetta, ed un sistema di vie radiali, convergenti verso la rocca, le odierne via della Chiesa, via dell'Archetto, via Capitano Luigi Amici, un tempo via delle Carceri vecchie, via delle Concia e via della Portella; il paese, inoltre, era dotato di due porte, una grande, "j'usciu e lla porta", nelle mura frontali, e la "Portella", una porta più piccola, aperta sullo strapiombo del fosso Bagnatore.
All'esterno, nel corso degli anni, sorsero le chiese rurali di S. Lorenzo e Roberto, di S. Pietro, poi S. Pietro e Rocco, e la chiesa e convento francescano di S. Bartolomeo edificato, presumibilmente, al tempo della presenza del Poverello di Assisi nelle nostre zone.
Intorno a tali chiese si vennero costituendo i Borghi omonimi formati da stalle e fienili ai quali si aggiunsero anche le abitazioni quando, dopo il seicento, non fu più necessario risiedere entro le mura.
Il paese prese a svilupparsi lungo i viottoli che congiungevano le chiese alla porta principale così come risulta dal disegno di Giovanni Antonio Macci, del 1692, e nel grande affresco che sovrasta il camino del salone del Castello Massimo.
Arsoli, dapprima feudo diretto dei Benedettini di Subiaco, fu, poi, possesso della famiglia Passamonti che lo tenne fino al 1536; alla famiglia Passamonti appartenne quell'Amico d'Arsoli al quale è dedicata una piazza del paese, un capitano di ventura che fu a fianco di Francesco Ferruccio nella guerra fiorentina e cadde combattendo, nel 1532, nella battaglia di Gavinana.
Il primo settembre 1536 il feudo fu acquistato dalla famiglia Zambeccari che, però, non tenne a lungo il possesso di Arsoli a causa di difficoltà finanziarie, di pestilenze, invasioni e forti contrasti con gran parte degli arsolani.
Nel corso degli anni, ed in particolare durante il possesso degli Zambeccari, il Castello rimase gravemente danneggiato per cui, nel 1555, il Vescovo Pompeo Zambeccari, a sue spese, lo ricostruì così come lo possiamo vedere, ancora oggi, in uno dei riquadri degli affreschi del soffitto della sala da pranzo, una volta del Baldacchino, affreschi eseguiti, su commissione degli Zambeccari, da Taddeo e Federico Zuccari, nel 1557.
La famiglia Zambeccari, per tutte le difficoltà cui si è accennato, vendette Arsoli ai Massimo il 30 ottobre 1574, con atto del notaio Campano.
L'atto di acquisto fu stipulato da Fabrizio Massimo su consiglio di Filippo Neri ed i posteri vollero ricordarlo con una lapide posta sulla porta d'ingresso al salone nella quale si legge:
DIVI PHILIPPI NERI CONSILIUM
FELICITATEM DEDIT ET SERVAT
L'acquisto costituì la prima tessera del mosaico di rapporti, diretti ed indiretti, tra Arsoli e Pippo Bono, l'Apostolo di Roma.
Una tradizione orale che dura ancora oggi vuole Neri presente in Arsoli e soggiornante nel castello, nelle stanze dette di S. Filippo; non esistono documenti in proposito per cui si può pensare ad una presenza spirituale per effetto del dono della bilocazione.
Fabrizio, divenuto signore di Arsoli, mise in atto quanto aveva appreso da S. Filippo che aveva avuto come confessore, amico e consigliere ed affiancato nella creazione del primo Oratorio romano.
Egli, infatti, si dedicò immediatamente al miglioramento delle condizioni di vita degli arsolani, curò il restauro delle chiese di S. Lorenzo e S. Bartolomeo, ricostruì la chiesa del SS. Salvatore, su disegno di Giacomo Della Porta, diede al paese uno Statuto compilato dal giureconsulto Luca Peto, affiancato dal rappresentante della Comunità, Carlo Belli, delegato dalla popolazione nel corso dell'assemblea tenutasi nella chiesa di S. Lorenzo nel 1579.
Fabrizio addusse, pure l'acqua potabile in paese dalla sorgente di fonte Petricca, nel 1591 e curò l'ampliamento ed il miglioramento del castello che al momento dell'acquisto aveva una sola sala affrescata, quella del baldacchino, quattro stanze dalla parte del paese tre sul lato di Oricola; ricostruì la cappella del castello dedicata a S. Roberto, più tardi a S. Filippo, usando gli stessi materiali, e sopratutto il prezioso protiro cosmatesco del XIII secolo, secondo le indicazioni che il vescovo di Tivoli, Mons. Croce, aveva impartito nel corso della visita pastorale del settembre 1566 agli Zambeccari.
Fabrizio ed i suoi familiari, dopo il 1574, cominciarono a vivere tra Arsoli e Roma, seguiti costantemente dalla predilezione del grande amico Filippo.
Non erano ancora trascorsi dieci anni dall'acquisto del paese allorchè il Neri operò uno strepitoso miracolo a favore di uno dei membri della famiglia Massimo.
Il 16 marzo 1583, presente il padre Fabrizio, la seconda moglie Violante di Santacroce, molti altri familiari ed alcuni membri della servitù, si spense Paolo Massimo e della cosa fu informato immediatamente il padre Filippo che, però, giunse con un certo ritardo perchè stava celebrando la S. Messa.
Al capezzale di Paolo, il Santo, dopo aver asperso il corpo con l'acqua benedetta, chiamò a gran voce Paolo che si svegliò dal sonno della morte, si sedette sul letto e conversò a lungo parlando anche della mamma e della sorella morte che aveva già incontrato nell'altra vita.
Paolo, poi, espresse il desiderio di tornare dai familiari defunti e Filippo, dopo averlo benedetto, gli disse: "Va, sii benedetto e prega Dio per me".
Il miracolo si commemora ogni anno nel palazzo Massimo in Roma, nella stanza, trasformata in cappella, dove avvenne il fatto prodigioso.
Qualche anno dopo la morte di Paolo, al momento di partire per la villeggiatura in Arsoli, si ammalarono gravemente due figli di Fabrizio, Pietro ed un nuovo Paolo ed i medici sconsigliarono la partenza; Filippo, invece suggerì a Fabrizio di portare i figli ad Arsoli perchè vi sarebbero guariti.
Fabrizio ascoltò il consiglio dell'amico si mise in viaggio ed a poca distanza da Roma Pietro scese dalla lettiga e volle salire a cavallo avendo, insieme al fratello, riacquistato la salute.
Altro fatto prodigioso fu il consiglio dato a Fabrizio perchè non avesse versato la dote per la figlia Elena in quanto poi, gli sarebbe stato difficile svincolarla; questa volta Fabrizio non ascoltò il Neri e si verificò quanto predetto. Elena, che in aprile godeva ottima salute, si spense il 9 settembre.
e Filippo sebbene assente, vide l'anima della giovinetta, che era piissima, salire al cielo, accompagnata da un coro di angeli.
Fabrizio ebbe anche il privilegio di ricevere la benedizione del Santo ormai prossimo alla morte e, con la consorte, depose la sua testimonianza nel processo di canonizzazione.
Lascio, ora questa lunga parentesi dedicata ai rapporti di Arsoli e dei Massimo con San Filippo e torno alle vicende del paese.
Nel 1591, e nell'anno successivo, l'abitato di Arsoli fu assediato dal brigante Marco Sciarra che depredò le stalle esterne ed incendiò i fienili.
Nel 1656 un altro flagello colpì gli arsolani, una terribile peste decimò la popolazione riducendola, tra luglio e settembre, da novecento a centoquarantacinque abitanti come è ricordato dalla lapide apposta sulla facciata della casa canonica.
Cessata la calamità il signore del paese, un nuovo Fabrizio Massimo, al fine di far risorgere immediatamente Arsoli e per ottenerne il ripopolamento, concesse tutta una serie di agevolazioni tributarie agli immigrati, realizzò numerosi opifici, concia delle pelli, fabbrica di stoffe, frantoio per le olive, mulino per i cereali e fabbrica di pile e mattoni, ottenne dal Papa Clemente X il mercato del venerdì, che si tiene ancora oggi, aprì una farmacia nel castello, completò la bonifica delle campagne ed aprì, sempre nel castello, un teatro per il divertimento e l'elevazione culturale del popolo.
Lo sforzo congiunto degli arsolani, degli immigrati e dei Massimo fecero rifiorire il paese ed i signori salirono nella scala nobiliare.
I miglioramenti del paese e del castello e la progressione nobiliare dei Massimo portarono in Arsoli numerose personalità tra le quali, nel 1733, Giacomo III d'Inghilterra.
Dieci anni più tardi, nel 1744, il paese ed il castello furono devastati dagli spagnoli ed i Massimo si videro costretti a correre ai ripari con lavori di restauro che interessarono anche il castello che, nel 1749, si arricchì degli affreschi di Marco Benefial che decorò il salone.